sabato, Dicembre 2, 2023

Rottura colonna fecale e responsabilità del condominio

Rottura della colonna fecale, la responsabilità è del Condominio per la omessa manutenzione ordinaria. Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall’articolo 2051 c.c. che prevede una responsabilità presunta a carico del custode per i danni provocati dalla cosa che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Il fondamento della responsabilità prevista dall’articolo 2051 c.c. deve essere individuato nel dovere di custodia che grava sul soggetto (proprietario, usufruttuario, enfiteuta, conduttore) che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico sulla cosa in relazione all’obbligo di vigilare affinché la stessa non arrechi danni a terzi.  Il Condominio in persona dell’amministratore, il quale ai sensi dell’articolo 1130 c.c. ha il dovere di sorveglianza sull’uso delle cose e dei servizi comuni e che, nell’espletamento dell’incarico conferito, ha il dovere di osservare, quale mandatario dei condomini, la diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’articolo 1710 c.c., ha la custodia delle parti e degli impianti comuni e, quindi, è obbligato ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che le cose comuni arrechino pregiudizio a terzi o ai singoli condomini (si vedano in tal senso ex plurimis Corte di cassazione n. 12211 del 2003 e Corte di cassazione n. 5326 del 2005: … il Condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini). Dal momento che l’articolo 2051 c.c. prevede una responsabilità presunta a carico del proprietario o dell’utilizzatore della res per il danno “cagionato” dalla stessa, occorre considerare decisivo il dato testuale e ritenere – conformemente peraltro ai precedenti giurisprudenziali sul punto – che, ai fini del riconoscimento della responsabilità del custode, è necessario che il danno lamentato sia causalmente riconducibile all’intrinseco dinamismo della cosa, per la sua consistenza oggettiva, o per effetto di agenti che ne hanno alterato la natura, escludendo che possa assumere alcuna rilevanza la circostanza che la cosa abbia rappresentato una mera occasione del verificarsi dell’evento dannoso. In ogni caso, ai fini del riconoscimento della responsabilità del custode non è necessario che la res sia intrinsecamente pericolosa (si veda Corte di cassazione n. 849 del 1955), ma è sufficiente, perché possa essere riscontrato il rapporto di causalità fra la cosa ed il danno, che la res abbia una concreta potenzialità dannosa per sua connaturale forza dinamica o anche statica o per effetto di concause umane o naturali (si vedano ex plurimis Corte di cassazione n. 10277 del 1990 e n. 11264 del 1995).

 Avv. Carmine Galdi

carminegaldi@virgilio.it


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