lunedì, Settembre 9, 2024

Campagna. “La Pietra Oscura”: stasera lo spettacolo sul bombardamento del 17 settembre 1943

Si terrà questa sera alle ore 21:00, presso il chiostro del comune di Campagna, lo spettacolo “La pietra oscura” di Alberto Conejero, con Alessandro Tedesco e Andrea Palladino, per la regia di Pasquale De Cristofaro.

La rappresentazione vuole ricordare il bombardamento del 17 settembre del 1943 quando due grossi aerei americani hanno sganciato i propri ordigni in alcune zone del paese, tra cui la strada davanti al Comune, colpendo la folla riunita per ricevere la razione di pane. Più di centosessanta i morti. Fondamentale, in quelle ore, l’intervento dei medici ebrei internati nel campo di Campagna, protagonisti di un momento tragico, ma anche eroi silenziosi. 

Quell’episodio tragico è stato raccontato poi da uno dei due medici molti anni dopo, Chaim Pajes, in un’intervista rilasciata a Judith Goodstein e Carlotta Scaramuzzi, per la rivista Il Sapere nell’ottobre del 2002 e la sezione teatrale ‘A Chiena vuole ricordare quel tragico momento attraverso il teatro. Mentre racconta della sua esperienza da internato, egli dichiara: «Quella cittadina, Campagna, fu bombardata; fu colpito anche il campo e un camion pieno di munizioni che provocò una carneficina tra le persone in fila per il pane. Decine di morti, e medici non ce n’erano, erano scappati tutti.

Cosicché un mio amico, il dottor Tanzer, un infermiere, Bahl, e io organizzammo i soccorsi. Quando i tedeschi ci fermavano, mostravamo la croce rossa sul braccio e dicevamo: “Niente capire, niente capire”. Abbiamo tirato fuori dalle macerie decine di feriti e abbiamo messo su un ospedaletto nella sacrestia della chiesa. Ci aiutò il vescovo, una bravissima e coraggiosa persona. Mentre eravamo lì, ci sono stati altri due bombardamenti americani: bombe che cadevano, polvere, finestre che sbattevano, vecchi terrorizzati, feriti gementi, il vescovo che benediva i vivi e i morti. Lavorammo un giorno, una notte e un altro giorno senza mai fermarci, senza mai toccare cibo. Con coltelli da cucina abbiamo fatto tre amputazioni. Per le suture e le fasciature usavamo ago e filo da cucito e strisce di lenzuola bollite e strizzate. Lavorammo in questo modo quando arrivò un uomo gridando: “Gli americani!”. Anche adesso ricordando quel momento mi commuovo. Presi a correre come un pazzo finché incrociai una Jeep americana con quattro soldati, due bianchi e due neri. Gli corsi incontro sventolando un fazzoletto e anche se loro avevano puntato una mitragliatrice verso di me riuscii a raggiungerli e ad abbracciarli. Era la fine di un incubo».

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